Egemonie e contro egemonie nelle questioni di confine: culture locali

1 commento:

  1. Dell’isola di Lampedusa si parla quasi esclusivamente a livello egemonico, trascurando invece che si tratta proprio di uno di quegli spazi di relazione in cui confluisce quella parte di attori fin troppo spesso trascurati, che però ha (o almeno dovrebbe avere) un ruolo fondamentale, assieme agli Stati nazionali e alle istituzioni, nell’elaborazione delle politiche migratorie dell’UE. Gli attori a cui si fa riferimento sono generalmente i migranti, i quali vivono in prima persona l’esperienza del viaggio, sebbene non si debba trascurare il ruolo della stessa popolazione locale. Nel corso degli anni, l’evoluzione del rapporto tra queste due entità e l’eliminazione di qualsiasi subalternità esistente tra esse hanno permesso la collaborazione nell’ambito di progetti e manifestazioni contro-egemoniche “visibilizzanti” dirette a rivendicare la propria agency nell’affermazione dei propri diritti.
    Nel contesto lampedusano è importante segnalare il LampedusaInFestival il museo delle migrazioni, due iniziative nate soprattutto in seguito alle contestazioni del 2009 legate all’apertura dei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) e alla politica dei respingimenti, e ideate ad opera del Collettivo Askavusa.
    Poiché entrambe le prospettive sono state ampiamente illustrate a lezione, sarebbe importante concentrarsi sulle criticità legate a queste manifestazioni.
    Innanzitutto è importante evidenziare il loro approccio: si tratta di pratiche locali, che potremmo definire “bottom up”, poiché partono “dal basso” per stimolare provvedimenti “dall’alto”. A questo punto sorge spontaneo chiedersi: queste iniziative potrebbero effettivamente avere dei riscontri concreti, essendo talmente circoscritte nel contesto lampedusano? Sia il LampedusaInFestival che il Museo delle migrazioni mancano infatti di “pubblicizzazione”, ed hanno espressamente rifiutato il sostegno (soprattutto finanziario) delle istituzioni tra cui il Comune, la Regione Sicilia e addirittura Ministero degli Esteri e Consiglio dei Ministri, che hanno provveduto a sostenere altre iniziative come ad esempio il progetto “Opera – sui relitti delle libertà”. Si tratta di un museo le cui opere sono degli oggetti di design ricavati dai relitti dei barconi, e che sebbene molto simile, manca totalmente di criticità. Allo stesso modo segnaliamo il “Festival Sabir”, il quale a differenza del LampedusaInFestival ha puntato su una maggiore visibilità mediatica.
    Dunque, nonostante sarebbe auspicabile trasferire queste iniziative talmente circoscritte a livello locale su una scala più ampia, non si rischierebbe in tal modo di perderne l’efficacia? Probabilmente il coinvolgimento di altri attori portatori di interesse sarebbe controproducente provocando l’offuscamento delle responsabilità politiche e la perdita di quella valenza contro-egemonica che ne costituiva la base caratterizzante.
    Durante la discussione in aula inoltre è venuto a galla un altro aspetto significativo, che prende in considerazione una dimensione quasi del tutto ignorata: quella turistica. Come è stato già accennato, infatti, Lampedusa è considerata solo con riguardo alle problematiche legate al fenomeno migratorio, senza considerare invece che essa è anche un importante luogo di affluenza turistica, o almeno lo è stato fino a quegli anni che hanno preceduto il boom degli sbarchi. A causa di queste problematiche non si sta quindi perdendo l’identità dell’isola? I turisti si recano ancora lì per le sue bellezze o per la sua rilevanza nell’ambito del fenomeno migratorio? A questo proposito è stata creata una campagna, sempre promossa dagli attivisti di Askavusa, intitolata “Io vado a Lampedusa”, volta a promuovere l’afflusso turistico sull’isola durante i mesi di bassa stagione, in modo tale da valorizzare anche questa componente ormai dimenticata.
    Si ritiene quindi necessario sottolineare il ruolo di associazioni radicate nella società civile sulla scia del collettivo Askavusa sebbene ci si augura che nuove soggettività politiche si impongano sulla scena, nello specifico le associazioni dei migranti.

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