Sintesi Politiche africane dell’UE

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  1. Per capire in che modo si sono definite le politiche africane dell’UE bisogna innanzitutto ricorrere a un inquadramento storico delle relazioni tra Unione Europea e Africa.
    Una prima fase è caratterizzata da rapporti di tipo mercantile, dove l’esigenza di veicolare merci era predominante su qualsiasi altro tipo di approccio territorializzante.
    A seguire, dalla seconda metà dell'800, si verifica il fenomeno del colonialismo, quando l’Europa, non accontentandosi più di negoziare e mercanteggiare coi referenti locali, penetrerà nel continente africano distruggendo le strutture sociali e politiche, presenti in diverse zone d'Africa da secoli e millenni e instaurando un nuovo regime di governo: lo stato coloniale.
    La decolonializzazione comincerà circa un secolo dopo, portando uno stato dopo l’altro a raggiungere l’indipendenza. Nel frattempo in Europa si forma il primo nucleo di Comunità Economica Europea che prende sin da subito atto dei nuovi governi indipendenti africani instaurandovi accordi commerciali e riuscendo a mantenere un rapporto di continuitá con le ex colonie.
    Tra gli accordi principali ricordiamo l'accordo di Cotonou ( firmato il 23 giugno 2000).
    La novità introdotta da quest'accordo di partenariato sta nella sua natura: non meramente economica e commerciale ma che comprende anche obbiettivi quali la democratizzazione, lo sviluppo, i diritti umani, la pace, la sicurezza, l'ambiente, ecc. Nonostante ciò, il piano commerciale resta prioritario, mirando alla creazione di area di libero scambio tra UE e paesi ACP. A dettare l’agenda sono le politiche economiche neoliberali.
    A partire da Cotonou l'UE ha cercato di stringere accordi commerciali con gli stati africani, suddividendo l’area d’interesse in 5 zone, ognuna delle quali prevedeva accordi commerciali specifici e diversi. Non tutti però sono stati sottoscritti, nell'Africa occidentale, ad esempio, la sottoscrizione è avvenuta solo nel 2014. La prudenza della parte africana è più che comprensibile se si considera l’asimmetria dell'accordo, che conferisce un ruolo egemone all'UE.
    L'Africa occidentale è diventata, tra tutte le regioni ACP, il partner commerciale più importante dell'UE, rappresentando circa il 40% dell'intero interscambio commerciale tra UE e paesi ACP; Costa d'Avorio, Ghana e Nigeria spiegano circa l'80% delle esportazioni verso l'UE, con la Nigeria che esporta soprattutto petrolio. L'UE esporta verso la regione soprattutto beni industriali, macchinari, attrezzature per trasporto e veicoli, prodotti chimici. L'EPA si concentra sui beni ma, in prospettiva, dovrebbe estendersi anche a servizi.
    Bisogna però considerare anche l’altro lato della medaglia: grazie all’EPA si vanno diffondendo in Africa colture commerciali che tolgono spazio all’agricoltura di sussistenza, e, a causa di una conseguente privatizzazione, s’irrigidisco gli istituti e i dispositivi legati all'accesso delle risorse agricole.
    Thomas Piketty ci ricorda di come, in questi paesi, il reddito pro capite non coincida con il PIL. Questa non coincidenza tra i due valori è dovuta al fatto che il 20-30% del capitale dei paesi poveri viene detenuta dai paesi ricchi. Il flusso d'uscita dei redditi da capitale è circa 3 volte superiore al flusso d'entrata degli aiuti internazionali. Quello dei paesi africani non è un reale sviluppo: i paesi non fanno che aumentare la loro dipendenza dagli investitori.

    Se gli accordi commerciali sono basati sulle materie prime, e non sulle trasformazioni del prodotto, questi paesi rimangono esposti alle perturbazioni del mercato internazionale senza creare i presupposti per lo sviluppo in senso ampio: non si creano reti economiche istituzionali, sociali, adeguate, strutturate e gerarchizzate che possano permettere ai paesi di resistere alle perturbazioni dei mercati internazionali.

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