Sintesi seminario Egemonie e contro egemonie nelle questioni di confine: culture locali

2 commenti:

  1. Che cosa sono le frontiere nel Mediterraneo? Per tentare di rispondere bisogna indossare il paio di occhiali multi-situato del critico dei borderstudies. A partire da questo filone di riflessione critica abbracciamo il concetto e il metodo del borderscape che ci aiuta a leggere la complessità delle frontiere in quanto non entità statiche nello spazio e nel tempo, ma in movimento, diffondendosi e moltiplicandosi, spostandosi dentro e fuori le linee di delimitazione degli Stati nazionali.
    Le frontiere coinvolgono una pluralità di attori che le affermano a livello normativo come istituzioni di potere egemonico, e dall’altra parte degli attori che resistono alle pratiche egemoniche attraverso discorsi e pratiche contro-egemoniche.
    Attraverso il borderscape, possiamo andare oltre lo stereotipo di frontiera come linea e oltre la rappresentazione del Mediterraneo come una “Fortezza Europa”, ovvero il limite territoriale esterno del nostro continente. La frontiera assume profondità ed è abitata sia da tensioni tra forze che creano delle chiusure e sia da forze che resistono a queste chiusure e la attraversano. Questa metafora esclude, però, l’aspetto dell’agency dei migranti intesa come capacità di azione nel contesto politico e sociale. Utilizzando la nostra prospettiva, possiamo superare la visione del migrante come “homo sacer”, un individuo ridotto a nuda vita poiché spogliato dall’agency in termini politici. In questo modo egli viene invisibilizzato e perde la possibilità di avere un ruolo attivo all’interno della sfera pubblica ed accedere al “diritto di avere diritti”.

    Case study: Lampedusa in Festival
    L’isola e il suo festival possono essere considerati come un esempio di borderscape euro-africano contro-egemonico. Il borderscape ci permette di andare oltre la spettacolarizzazione di Lampedusa come sentinella della “Fortezza Europa”.
    Lampedusa è l’isola più a sud del Mediterraneo ed è più vicina alla costa africana (con cui è collegata da una piattaforma sottomarina) che alla costa europea, ed è un in-between tra i due continenti.
    Lampedusa non è solo un’utopia ma anche un’eterotropia, cioè un luogo in cui simultaneamente si articolano processi apparentemente in opposizione, strategie di mobilità e di ostruzione del movimento, di visibilità e invisibilità: opposti che apparentemente si escludono, convivono allo stesso modo.
    Il Festival è un’iniziativa nata nel 2009 assieme al collettivo Askavusa per opporsi alle politiche migratorie del Mediterraneo e alla creazione di centri di detenzione per migranti.
    Attraverso il festival si manifesta una forte relazione tra attivismo politico ed estetica. Nasce come un festival cinematografico ma si estende al teatro o alle vignette, musica, disegno. È un borderscape contro-egemonico perché interviene attivamente nelle politiche culturali della migrazione.
    Ad esempio, l’edizione del 2013 ha avuto luogo a fine luglio, mentre negli stessi giorni era in corso una manifestazione di migranti etiopi contro la regolamentazione di Dublino II, secondo cui il migrante dopo rilascio di impronte nel paese di arrivo deve chiedere asilo in quello stesso paese. Il festival ha portato questa manifestazione al suo interno.
    La marginalità dei migranti e degli abitanti dell’isola è al centro del testo della Carta di Lampedusa, che è un patto per un ripensamento delle frontiere nel mediterraneo.
    C’è coinvolgimento diretto dei migranti. Nel 2012 il festival ha organizzato una sezione “migrazioni e memorie” con forme artistiche dei migranti stessi.
    Importante è il contributo di Dagmawi Yimer, un migrante etiope che arriva nel 2006 a Lampedusa, poi a Roma frequenta un laboratorio video-partecipativo e diventa regista. Egli instaura da subito un rapporto stretto col festival e vi partecipa sempre intervenendo attivamente anche come mediatore linguistico.
    Attraverso i film e la sua storia di vita egli contribuisce alla visibilizzazione dell’agency. Importanti sono “Come un uomo sulla terra” e “Soltanto il mare”, il quale cerca di restituire la complessità dei lampedusani dal punto di vista dei migranti.

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  2. Cara Ilaria,

    a seguito delle nostre riflessioni sulle frontiere del mediterraneo, ti invito a leggere questo articolo che riporta la richiesta che l'Italia ha fatto all'Unione Europea per un intervento sull'immigrazione continua.

    Stato di emergenza.

    Cosa ne pensi? Può l'Italia gestire tutti i centri di accoglienza?

    http://it.euronews.com/2015/04/18/immigrazione-emergenza-continua-italia-chiede-aiuto-a-ue/

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